Trilogia Mozart Da Ponte

Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte: la trilogia Mozart Da Ponte pensata come un unico spettacolo presentato in tre serate consecutive, i tre titoli concepiti come un’unica costellazione.

La trilogia presenta linguaggi e caratteri diversi ma tematiche affini: l’indagine sulla natura umana, l’aspirazione dell’essere umano alla felicità, il ruolo centrale dell’erotismo, la forza attiva e pervasiva dell’immaginazione, le infinite variazioni e significati del travestimento.

La mutevolezza dell’animo umano viene colta nella continua oscillazione di ordine e disordine, equilibrio estatico, terremoti emotivi e imprevedibili accelerazioni di senso.

Mozart più di chiunque altro mostra la forza della musica nel rendere percepibile il mutevole. Ci troviamo di fronte ad un autore che pensa in termini teatrali e non ha limiti nel ricercare le possibilità della scrittura scenica.

Sintesi da intervista con Lidia Bramani

Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte presentate in tre serate consecutive in un unico progetto, con un impianto scenico compatibile per le tre opere e un cast articolato in cui diversi cantanti si presentano in più di un titolo: da cosa nasce questo progetto?

Dal desiderio di offrire al pubblico la possibilità di un approccio nuovo a questi tre capolavori, suscitando modalità di esperienza diverse e un arricchimento di prospettive.
I tre titoli fanno parte di un unico universo musicale e teatrale. Se i linguaggi e i caratteri delle tre opere sono molto diversi, le tematiche in realtà sono affini: all’origine parlano dell’aspirazione dell’essere umano alla felicità, presentano una formidabile indagine sulla natura umana, toccano una inesauribile varietà di sentimenti.

Si tratta di un esperimento particolarissimo che ha comportato il progetto di un impianto scenico unico in cui Nozze, Don Giovanni e Così fan tutte possano convivere, e la ricerca delle modalità conseguenti nel metterle in scena.

Che cosa significa per un regista mettere in scena tre opere, di questo livello, insieme? Stiamo parlando di allestirle contemporaneamente, non a distanza, mettiamo, di un mese una dall’altra.

Per poter procedere nel lavoro abbiamo sempre provato almeno due dei tre titoli nello stesso giorno, in modo che nulla di quanto fatto rimanesse indietro o rischiasse di perdersi. Inoltre alcuni cantanti interpretano due ruoli diversi e per garantire un sistema di coperture interne, quasi tutti hanno provato due, anche tre personaggi diversi. E’ un modo di lavorare inconsueto e faticoso ma al tempo stesso esaltante: il risultato è un piccolo esercito di cantanti- attori molto coeso.

Dal punto di vista espressivo mi sembra che si riesca a passare da un’opera all’altra con estrema naturalezza. Questo fatto, insieme alla comune articolazione scenica dei tre spettacoli, ha contribuito in tutti a uno sviluppo dell’immaginario e della sensibilità per lo spazio scenico in modo da poterci concentrare in modo particolare sulle grandi differenze di temi, climi e modalità narrative che ci interessa precisare.

Che cosa significa affrontare tematiche molto diverse in un arco di senso comune?

Le tematiche della trilogia hanno radici comuni. In tutte e tre le opere si parla della lotta degli esseri umani per la libertà. Mozart e Da Ponte affrontano un tema raro e fondamentale, la felicità delle persone. Il sostrato comune a tutti e tre i testi è la commedia e, in tutte e tre, è centrale il ruolo dell’eros. A partire da questo aspetto comune emergono le differenze profonde di cui parlavo prima e sono convinto che l’accostamento di queste differenze possa produrre un arricchimento. Questo non sarebbe possibile se non ci fosse, in comune, una grande riflessione sul Teatro: i tre testi che presentiamo hanno in comune un portato meta-teatrale e impongono in qualche modo di focalizzare il tema della finzione: nelle Nozze, la finzione è il motore centrale, è necessaria a salvaguardare la verità e, in conseguenza di questo, si traduce in menzogna, intrigo, travestimento. Diversamente, in Così fan tutte assistiamo fin dalla prima scena a un continuo smascheramento della finzione, mentre Don Giovanni ne è insieme l’apoteosi e il fallimento.

Da che cosa dipende la scelta di uno spazio scenico unico?

Un progetto di questo tipo indirizza con forza alla massima essenzialità del linguaggio teatrale, della regia. Prendiamo la scena del Sestetto nel secondo atto di Don Giovanni: dove ci troviamo? In un esterno, su una strada, nel palazzo di Donna Anna? Non c’è un unico riferimento concreto. Siamo in un luogo astratto che è evidentemente la somma di diverse necessità narrative, all’incirca come avviene nel teatro elisabettiano. Questa concezione di uno spazio astratto lo fa diventare allora, paradossalmente, ancora più “fisico” di uno spazio realistico. Come se tutte e tre le opere abitassero all’interno di un’unica architettura, tra l’altro in movimento, e ne cambiassimo di volta in volta solo alcuni elementi, le luci, i colori. Lo spazio unico, invece di inibire, è la spinta a trovare significati diversi a partire dagli stessi elementi, quindi a moltiplicare le possibilità.

Quali invece le differenze, pur all’interno di un senso e di un percorso comuni?

Semplificando molto, Le Nozze di Figaro è teatro puro: la commedia è sotto gli occhi di tutti, personaggi e spettatori. La perfezione espressiva e linguistica di Nozze nasconde un grande disordine, sociale e interiore. Nozze ci regala, a piene mani, momenti di ironia, scontro, divertimento, astuzia, insofferenza, dolore e, attraverso l’ambizione alla felicità, vuole parlarci di rivoluzione. Così fan tutte è una strana “commedia sulla commedia”, in ogni momento azione e commento si sommano e attraverso questa duplicità riesce a saldare l’apparente banalità del tema amoroso con la sua amplificazione a significati assoluti. In Don Giovanni invece si arriva a una sorta di scavalcamento del Teatro, con una messa in crisi del concetto stesso di personaggio e di interpretazione. E’ un’opera estrema, in cui per la prima volta irrompe il tema della morte e anche per questo motivo abbiamo scardinato l’ordine cronologico e la presentiamo a conclusione del percorso.

Dopo aver affrontato questa “palestra” del teatro musicale, come l’hai chiamata, che cosa si impara?

Che non siamo in presenza di monumenti del passato ma di testi che stanno davanti a noi, da comprendere e ri-comprendere e fare nostri, testi che regalano nuovi significati e nuove aperture di senso.