La regia d’opera in forma semiscenica appartiene a una stagione e a un modo di lavorare aperto alla sperimentazione di nuove forme della messa in scena.
Questo filone di lavoro ha come caratteristica il potersi muovere con notevole libertà rispetto alle consuetudini della normale produzione teatrale, spesso a partire dal fatto di presentare opere liriche in spazi non adibiti al teatro.
Il semi-scenico costituisce una occasione fuori dall’ ordinario, non una semplice astuzia per mettere in scena un’opera riducendo drasticamente costi e tempi di prova: il processo è diverso, obbliga e consente di sperimentare modi diversi di lavorare e di porgere un testo.
Nella mia esperienza la forma semiscenica ha rappresentato l’occasione di una maggiore libertà progettuale e produttiva; nessun obbligo rispetto alle normali voci artistiche e produttive: scene, costumi, attrezzeria, luci, videoproiezioni e quant’altro.
Si tratta di un modo di ripensare il teatro a partire da un diverso protagonismo del fatto musicale. L’Orchestra è a vista, vicina o circondata dall’azione scenica. L’azione è in primo piano, maggiormente esposta e proiettata verso il pubblico, meno rifinita rispetto a quanto normalmente avviene su un palcoscenico dove il fatto scenico è incastonato tra sipario, quinte e le diverse possibilità tecnico- espressive.
Nascono così opportunità a volte scomode ma ricche e sorprendenti per la regia e il racconto drammaturgico – e per il pubblico, chiamato ad una forma di attenzione molto diversa dal normale.